Eternal Gestures nasce da un'urgenza emotiva e da un'attitudine contemplativa che richiede tempo: incantarsi di fronte ai gesti è una scelta paziente, un gioco adulto che risuona nell'opera di Giotto.
I gesti da lui ritratti hanno saputo attraversare i secoli indenni, continuando a riflettere sensazioni umane e universali. Sono proprio questi gesti e dettagli che, decontestualizzati dalla loro dimensione narrativa e religiosa e reinterpretati attraverso l'atto fotografico, sono diventati per me un culto.
Il porgere e il ricevere, le occupazioni quotidiane, gli incontri, il compianto, le attese: tutti questi atti conducono a un universo umano fatto di tenebra, luce e spettri. In questo progetto esploro la persistenza del linguaggio corporeo, la memoria gestuale che ci attraversa e ci connette al passato, rendendo visibile ciò che è insieme effimero ed eterno.
Dati tecnici
Le 14 opere sono presentate come fotografie in bianco e nero che rievocano e reinterpretano i gesti presenti negli affreschi di Giotto.
Tecnica: Stampa fotografica fine art su carta cotone
Dimensioni: 20x30 cm. du Dibond
Edizione: Tiratura limitata e firmata dall'artista
Prezzo singola opera: 240,00 Euro
Prezzo installazione completa: 2600,00 Euro
“E poi le mani
si sono lavate
si sono sdraiate in grembo hanno dormito
percorse dal tempo
si sono salvate
una sull’altra
custodia dei gesti."
(...)
Chandra Livia Candiani
(Da “La bambina pugile” - Einaudi)
ETERNAL GESTURES: La memoria incarnata
Nel progetto Eternal Gestures, Milvia Stefani intraprende un'indagine fotografica che si muove sul delicato confine tra memoria visiva collettiva e esperienza corporea individuale. Il punto di partenza è l'opera di Giotto, ma il vero soggetto della ricerca è l'inestinguibile permanenza del gesto umano attraverso i secoli.
Le fotografie di Milvia Stefani operano una doppia sottrazione: decontestualizzano i gesti dalla narrazione religiosa originaria e li spogliano della ricchezza cromatica giottesca, riducendoli a essenze in bianco e nero. Ciò che emerge da questa operazione di distillazione è sorprendente: i gesti non solo sopravvivono alla perdita del contesto narrativo, ma rivelano la loro natura di archetipi universali. Il porgere, il ricevere, l'attesa, il compianto, azioni che Giotto aveva fissato sulle pareti della Cappella degli Scrovegni per narrare storie sacre, si dimostrano ancora eloquenti, ancora carichi di significato emozionale, anche quando privati della loro cornice religiosa.
La scelta di lavorare con figure velate e drappeggiate non è casuale: il velo diventa uno strumento di universalizzazione, che trasforma i corpi contemporanei in presenze atemporali. Le pieghe dei tessuti, fotografate con attenzione quasi scultorea, richiamano simultaneamente la plasticità della pittura giottesca e l'astrazione formale della fotografia modernista. Il corpo si fa architettura, il gesto diventa monumento.
Particolarmente significativo è il trattamento dello spazio. I fondi neutri, le superfici spiegazzate dei lini, la luce diffusa e priva di drammatizzazione creano un non-luogo in cui il tempo sembra sospeso. Non siamo nel Trecento di Giotto, né nel presente contemporaneo: siamo in una dimensione liminale dove i secoli collassano e la gestualità umana si rivela per ciò che è sempre stata, un linguaggio primordiale che precede e sopravvive alle parole.
Il focus sui dettagli, mani che si intrecciano, piedi scalzi, braccia protese, enfatizza la frammentazione del corpo, ma paradossalmente ne restituisce l'integrità emotiva. Milvia Stefani sembra suggerire che il gesto è più eloquente del volto, che nell'angolazione di un braccio o nella tensione di una mano si può leggere l'intera gamma delle emozioni umane.
C'è in questo lavoro una riflessione profonda sul mezzo fotografico stesso. La fotografia, come i gesti che cattura, è insieme effimera ed eterna: cristallizza l'istante ma lo proietta nell'immortalità. Il richiamo a Giotto non è solo un omaggio storico-artistico, ma una meditazione sulla capacità dell'arte, che sia pittura o fotografia, di arrestare il tempo, di salvare i gesti dalla dissoluzione.
Eternal Gestures si configura così come un'opera sulla persistenza della memoria visiva nell'inconscio collettivo e sulla fotografia come "custodia dei gesti", per usare l'espressione di Chandra Livia Candiani che accompagna il progetto. Un lavoro che, nella sua apparente semplicità formale, tocca questioni complesse: l'universalità del linguaggio corporeo, il rapporto tra arte contemporanea e tradizione, la dialettica tra permanenza ed effimero che è al cuore di ogni riflessione sul tempo e sulla memoria.
Alberto Desirò
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